Buongiorno, buongiorno.
Rieccoci con un’altra puntata di codesta nuova rubrica “Liscia Russo-azzurra.”
E niente.
Qui dentro non leggerete mai “Io l’avevo detto” primo perché io non l’ho scritto e secondo perché io in effetti di lavoro non faccio l’indovino.
Veniamo ora alla squadra rossazzurra dato che in giro più d’un concittadino la sta paragonando a una paziente che fino a qualche giorno fa stava male ma era stazionaria; oggi invece somiglia a una poveretta in fin di vita e ricoverata in un reparto di rianimazione.
Epperò ieri pomeriggio allo stadio, poco prima del fischio d’inizio di Catania-Avellino la signora Pina, seduta accanto a me in tribuna A, mi raccontò un fatto che tanto mi fece riflettere. Si trattava, così mi disse, del primo d’una lunga serie di piccoli e grossi equivoci verificatisi poco più di tre mesi fa durante la campagna estiva di rafforzamento. Quel giorno, il ventidue luglio ultimo scorso, gli abili dirigenti del Catania erano convinti di aver messo sotto contratto il famoso calciatore Mazzola e invece trattavasi di Mazzotta.
Boh.
Secondo la mia vicina di posto in tribuna A lo stesso equivoco capitò anche per gli altri nuovi acquisti ratificati dai nostri esperti dirigenti calcistici. Siccome la signora Pina mi fece tanti altri esempi, nel frattempo che lei parlava, io presi dalla tasca deipantaloni un block-notes rosso e azzurro. Cominciai subito a riempirlo dalla prima all’ultima paginetta con una penna Bic nera e con la mia orribile scrittura da medico.
Il match inizia e andiamo immediatamente in svantaggio; la partita continua e sotto la porta della curva Sud sbagliamo prima un gol che sembrava già fatto e poi un tiro dagli undici metri. Io per intanto avvisto una compagine disunita insieme ai troppi esperimenti figli del braccino corto di Ross Pelligra. Il secondo tempo mi sembra nientemeno che scandaloso; l’Avellino segna il raddoppio e il Catania, confuso più che mai, per quarantacinque minuti gioca a far le belle statuine del presepe. Tutti i presenti allo stadio sanno, come me, che non facciamo filtro a centrocampo e che non mostriamo attenzione durante i calci piazzati avversari masanno anche tante altre cose.
“Sarà che siamo sfigati – penso – ma ci sono dei chiari limiti. Abbiamo perso la terza partita di campionato in casa su sei disputate. Una media da retrocessione, perdindirindina.”
Dopo il triplice fischio del signor Emanuele Frascaro in giacchetta gialla e pantaloncini scuri, mentre i nostri calciatori s’appropinquano pietosamente sotto le curve, s’avvicina a me la simpatica signora come se stesse per confidarmi un segreto. “Il nostro allenatore – mi sussurra – di nome non fa Luca, bensì Oronzo. Mister Tabbiani non è stato fortunato per i tanti pali che abbiamo preso e per i troppi calciatori infortunati. Probabilmente non è stato messo nelle condizioni migliori, basti pensare ai giocatori arrivati a Catania a spizzichi e bocconi, ma i suoi errori tecnici di valutazione sono evidenti.”
Arrivati però a questo punto, però è giusto che vi dica io cosa altro penso.
Il fatto è, molto semplicemente, che il Catania Football Club in quest’inizio di campionato così ostico, duro e angoscioso vuol solo dimostrare a tutto il mondo che esiste una continuità storica assoluta con il Calcio Catania 1946 (quello della famosa matricola undicimilasettecento) che della sofferenza giornaliera ne ha fatto la sua ragion di vita.
Bonu chiu se non fosse che ora qui, dalle nostre parti, nella nostra bellissima città sotto l’Etna è addirittura partita la caccia ai nostri giornalisti.
Parrebbe infatti che nessuno di loro mai abbia chiesto ai diretti interessati alcune cose, tipo che cosa sia venuta per davvero a fare in Sicilia una grossa azienda australiana né a quanto consiste il budget destinato al nostro club di pallone.
Basta però ora attaccare i giornalisti
Basta.
Diamine!
Non è ammissibile adesso ripetere come dei mantra che nessuno di loro abbia scritto che il Catania da marzo ad oggi ha sprecato solo tempo e che gli allenamenti estivi si son svolti nell’afa di Zafferana per risparmiare gli sghei. Non dimentichiamoci infatti che i nostri giornalisti sportivi nelle ultime settimane hanno preso una valanga di premi. Attaccarli significherebbe dire a chiare lettere che quei premi non li meritavano, non sarebbe tutto ciò giusto.
Mentre penso all’articolo di Liscia Russo-azzurra che vorrei buttar giù quanto prima per “Tutto il Catania per minuto” penso agli attuali dirigenti rossazzurri.
So bene che perfino dei fuoriclasse hanno fallito da dirigenti eche il nostro attuale vicepresidente e amministratore delegato non era di certo un fuoriclasse ma un normale calciatore.
Basta quindi contestarlo o addirittura, peggio ancora, spargere in giro la voce che è presuntuoso. Anche lui, propriamente una quindicina di giorni orsono o poco più, è stato premiato ad Acicastello tra centinaia di inchini e mille salamelecchi diconcittadini catanesi.
Appena tornerò a casa, per mettere la parola fine all’articolo che ho in mente vorrei scrivere che ci vorrebbero due dirigenti del passato come Ignazio Marcoccio e Michele Giuffrida. In più, mi toccherebbe collegarmi al sito internet www.subitopuntoit e digitare così: “A.A.A. Amministratore Delegato del Catania cercasi.”
Pur non di meno se qualcuno spinto da un attacco di curiosità acuta, dovesse domandarmi: “Alessandro, ma c’è qualcuno che hacommesso degli errori?” io, in un impeto di sincerità, così risponderei: “Si, certo. Hanno sbagliato le 13.983 persone che quest’anno hanno sottoscritto l’abbonamento stagionale al Massimino”.
Mosso dalla mia proverbiale sincerità, al numero 13.983 mi toccherebbe aggiungere due unità che poi sono quelle che corrispondono a me e a mio figlio Matteo.
A questo punto, il mio articolo finisce qui.