Nella stagione di Serie B 1959/60 accadde un fatto davvero degno di nota, più unico che raro: la partita tra il Novara ed il Catania venne rinviata per ben tre volte a causa dell’impraticabilità del campo e solo al quarto tentativo si riuscì, a fatica, a portare a termine il confronto.
10 gennaio 1960: il primo rinvio
In quel campionato cadetto, la sfida tra Novara e Catania era ufficialmente calendarizzata per il 10 gennaio, 16a giornata di andata. I rossazzurri di Ignazio Marcoccio, guidati in panchina da Carmelo Di Bella, venivano da un’ottima serie di 9 risultati utili consecutivi che aveva acceso in città giustificati sogni di gloria; il Novara, invece, languiva nelle retrovie di classifica.
Giunta in Piemonte, però, la compagine etnea si ritrovò nel bel mezzo di un’abbondante nevicata: sul prato dello stadio di via Alcarotti l’arbitro non poté far altro che decretare il rinvio dell’incontro. Anche altri match in città dell’arco alpino ebbero, in quella domenica d’inizio anno, lo stesso destino meteorologico.
27 gennaio 1960: il secondo, inspiegabile, rinvio
La data per il recupero tra azzurri e rossazzurri fu presto individuata in mercoledì 27 gennaio, soluzione ideale visto che il Catania tre giorni prima avrebbe giocato nella non lontana Valdagno (dove incassò una brutta sconfitta).
Giunti all’ombra della cupola di San Gaudenzio, però, ci si rese subito conto che giocare sarebbe stato difficile anche stavolta: il campo, già messo a dura prova dalla nevicata, era un acquitrino a causa del persistente maltempo. Si decise di iniziare l’incontro e i rossazzurri chiusero il primo tempo in vantaggio di un gol, grazie ad una stupenda rete segnata da Giovanni Veglianetti.
Ma le condizioni del terreno di gioco erano davvero al limite e il secondo tempo venne subito interrotto: l’arbitro De Marchi accolse la richiesta di sospensione del capitano novarese. La decisione apparve inspiegabile: la cronaca de “La Sicilia” raccontò di un campo nelle stesse identiche condizioni fangose del primo tempo e che il match semmai non andasse iniziato affatto. Malgrado le proteste di Buzzin e compagni, la scelta venne confermata: tutti a casa e partita da ripetere.

17 febbraio 1960: il terzo rinvio
Il nuovo recupero venne fissato per mercoledì 17 febbraio, data agevole visto che poi domenica 21 il Catania sarebbe andato a giocare nuovamente in zona, in quel di Lecco, nell’attesissimo big-match di alta classifica.
Neanche a dirlo, anche stavolta le condizioni a Novara si rivelarono proibitive: una nuova nevicata aveva reso il campo un’infinita distesa bianca in cui era impossibile distinguere il rettangolo verde dal paesaggio circostante (come immortalato nella foto di copertina).
La truppa di mister Di Bella improvvisò una partitella sette contro otto, da cui uscì malconcio Corti. Il giorno dopo, le suggestive immagini di quel pomeriggio innevato fecero il pari sui giornali con quelle della concomitante inaugurazione delle Olimpiadi invernali di Squaw Valley: una coincidenza quasi beffarda!
2 marzo 1960: finalmente si giocano tutti i 90 minuti
Il calendario venne nuovamente in favore dell’organizzazione logistica dei catanesi: subito dopo la trasferta di Lecco (terminata con uno scoppiettante 2-2) ci sarebbe stata infatti quella sul campo dell’Ozo Mantova (pareggio ad occhiali, 0-0). Si optò, quindi, per restare al Nord fissando per mercoledì 2 marzo la data del terzo tentativo di recupero, sperando potesse essere la volta buona.
In effetti lo fu, seppur con ulteriore fatica. Un nuovo acquazzone aveva reso il campo pesantissimo, tanto che stavolta fu il Catania a chiedere – invano – l’ennesimo rinvio.
Per i rossazzurri arrivò una dura sconfitta: provato dai continui viaggi a vuoto e falcidiato dagli infortuni (assenze pesanti quelle di Prenna e Biagini), l’undici messo insieme da Di Bella quel pomeriggio giocò un primo tempo disastroso, chiudendolo sotto di tre reti (doppietta di Cella e gol di Renosto). A poco sarebbe servita la marcatura di Ferruccio Caceffo nella ripresa.
Il signor Aurelio Angonese di Mestre riuscì finalmente ad emettere il triplice fischio di una partita diventata un’Odissea.
L’epilogo della stagione
Per gli etnei, quella di Novara fu una delle cinque sconfitte esterne di quel campionato cadetto 1959/60, ma il peso delle continue trasferte a vuoto si fece sentire al giro di boa, in cui i rossazzurri persero contatto dalla vetta della classifica occupata dal Torino.
La sconfitta in terra novarese fu poi vendicata al ritorno con un risultato-fotocopia in favore degli etnei.
Il Catania, malgrado la débâcle all’ultima giornata in quel di Brescia, riuscì ad agguantare il pass per la Serie A, che si sarebbe tenuta stretta per le successive sei stagioni. Il Novara, invece, grazie ad un finale di campionato importante, guadagnò una faticosissima salvezza con appena due punti di vantaggio sulla zona retrocessione (non inganni il tredicesimo posto: in coda ci furono otto squadre in appena cinque punti!).
Curiosità: lo stadio di via Alcarotti di Novara
Il campo che ha fatto da cornice a questa incredibile storia è, come detto, lo stadio di via Alcarotti, in alcuni almanacchi indicato come “San Gaudenzio” per via della meravigliosa vista sull’omonima cupola, gioiello dell’architettura ottocentesca firmato da Alessandro Antonelli (lo stesso della Mole di Torino).
Edificato nel 1931, nel corso della sua storia l’impianto sportivo fu anche al centro di un drammatico evento bellico: trasformato in campo di detenzione dai partigiani, fu da qui che vennero prelevate decine di prigionieri della Repubblica Sociale Italiana, poi uccisi tra il 12 ed il 13 maggio 1945 in quello che è noto come “Eccidio dell’ospedale psichiatrico di Vercelli”.
Passata la guerra, il Novara vi tornò a giocare fino agli anni Settanta, quando si trasferì nel nuovo stadio alle porte della città, successivamente intitolato a Silvio Piola.
Lo stadio di via Alcarotti, invece, è tuttora esistente (seppur monco delle due curve) ed oggi è intitolato a Enrico Patti, fondatore dello Sparta Novara (altra squadra nuares) che lì continua a giocare, militando nelle categorie regionali.