Può un giovane di belle speranze, fallire appieno la grande occasione della propria carriera? Sissignori, chiedere di tale Meroi di Udine. Ancor prima di cominciare questo mio excursus ho già dato una sentenza. Verdetto pesante per chi di nome fa Innocente, ragion per cui passo passo giustificherò il mio giudizio lapidario.
Nel luglio del ’57 sono ancora in molti, all’ombra dell’Etna, ad asciugare le lacrime dai propri volti per la disgraziata sconfitta di Modena che aveva tarpato le ali ad un Catania in odore di Serie A.
Persi i validi Uzzecchini e Bicicli, il vicepresidente Distefano e i dirigenti Giuffrida e Spina si muovono alacremente sul mercato con l’intento di organizzare una squadra pronta a ritentare la promozione. Dopo diversi pour parler andati a vuoto con il Commendator Moratti per ottenere in blocco gli interisti Savioni, Fraschini e Campagnoli, si è costretti a spostare le mire verso altri lidi.
È così che da Genova sponda blucerchiata s’inaugura un viavai di giocatori. Sull’asse siculo-ligure corrono le speranze rossazzurre di allestire lo squadrone: l’obiettivo infatti è ottenere in prestito i due giovani Righetto e Meroi, le cui referenze sono positive. La Samp, però, è disposta a cedere i due gioiellini del vivaio solo se il Catania accetta di rilevare Franco Mori. Doriani ed etnei, tuttavia, han fatto i conti senza l’oste, poiché il difensore non accetta il trasferimento. Al fine di non mandare all’aria il vantaggioso potenziale affare, il Catania si accontenta del blucerchiato Pietro Podestà, potendo così usufruire del prestito dei due attaccanti.
Il ventenne Innocente Meroi vanta un curriculum di tutto rispetto per l’appunto. A 19 anni ha esordito in Serie A contro la Juventus al Comunale di Torino, bagnando l’esordio con una rete nel 2-2 finale contro i bianconeri. Lo stesso anno conta ancora una presenza nella batosta inflitta dall’Inter alla squadra ligure. La stagione successiva, il nostro gioca ancora due partite, la prima sempre contro la Juventus ma stavolta in casa, dove i blucerchiati passano 2-1, con Meroi match winner che fredda nuovamente il portiere Giovanni Viola.

Giunto in rossazzurro, le prime apparizioni in partitelle tra titolari e riserve, e l’amichevole contro la Reggina che servono a forgiare gli atleti in vista del campionato, consentono di esprimere qualche opinione sul calciatore friulano:
“Meroi come giocatore è freddo, gli piace sempre giocare la palla con grazia ed eleganza; però se esser padroni dei propri movimenti è una gran bella cosa, c’è troppa poca combattività nell’azione di questo ragazzo rispetto a certe partite infuocate del campionato di B. Senza contare delle strane pause che spesso lo trovano restìo ad inserirsi nell’azione impostata dall’altra ala, o a seguirla semplicemente. Meroi vuole avere la palla lui ed impostare da sé l’azione: allora sa essere insidiosissimo e sa anche dare spettacolo. I suoi, in ogni caso, son difetti di gioventù che la carenza di affiatamento con i compagni mette in maggiore evidenza”.
È un Candido Cannavò versione Nostradamus a dipingere il profilo di cui sopra, che in maniera azzeccatissima definisce il giovane attaccante.
Su Innocente sono riposte le speranze del tecnico Gipo Poggi e dei tifosi, che si augurano di trovare il degno erede di Uzzecchini, ma l’esordio in campionato mostra il re nudo: nelle prime cinque gare il Catania riesce a incasellare solo due punti, frutto dei pareggi contro la Triestina e il Modena, segnando solo due reti proprio contro gli emiliani, grazie ai mediani Gelio e Grani.
Pesano in attacco gli errori di Meroi che, soprattutto nello 0-0 contro gli alabardati, divora diverse occasioni da rete. Nonostante l’inefficacia sotto porta, mister Poggi ha fiducia comunque nel volenteroso atleta friulano.
Fiducia ripagata dal giocatore nel derby casalingo col Palermo. Il calendario riporta la data 3 novembre 1957 quando al Cibali, sotto una pioggia torrenziale che funesta i ritmi di gioco, Meroi al minuto 62 su un allungo di Perin brucia con uno scatto il suo marcatore Aggradi involandosi verso la rete di Angelini che non riesce a evitare il gol. “Dopo tanti pali, finalmente un gol!”, si sfoga con Luigi Tripisciano de “La Sicilia”, ma l’esultanza rimane solo personale: il Palermo, benché surclassato nel gioco dai rossazzurri, riesce ad agguantare l’insperato pari allo scadere dell’incontro con una rete di Alvaro Biagini.

L’altalena di risultati continua, così come il valzer di allenatori. Poggi infatti dopo la sconfitta contro il Simmenthal Monza deve fare spazio a Carapellese che assume pro tempore la doppia veste di giocatore-allenatore, coadiuvato in talune occasioni dal decano Cocò Nicolosi, fino all’avvento definitivo di Francesco Capocasale.
Oltre al vecchio Carappa, l’altro rinforzo novembrino ingaggiato per portare nuova linfa sotto la porta avversaria è Angelo Caroli, un attaccante scuola Juve. Più prestante fisicamente rispetto al biondo friulano, spesso gli viene preferito nelle gerarchie titolari.
Così, per il nostro Innocente, l’avventura catanese si conclude con altre due reti, una contro il Taranto (2-0), e l’ultima in campo neutro a Messina, nel 3-1 che ferma il Lecco degli ex Quoiani e Gotti. Venti le presenze totali senza né infamia né lode. La Sampdoria si riprende il suo gioiellino, ma il giocatore ritornato in Serie A coi blucerchiati viene impiegato in poche occasioni che possono contarsi sulle dita di una mano.
Il passaggio all’Udinese, la squadra della sua città, potrebbe essere la volta buona per giocare con continuità, ma l’esito non cambia: cinque presenze totali e una sola rete in ottobre del 1960 contro la derelitta Lazio.
Innocente così abbandona la terra natìa per trasferirsi ad Arezzo. In C coi toscani è protagonista di uno strepitoso torneo dove mette a segno venticinque reti giocando da titolare. Il Parma gli concede la possibilità di ritornare tra i cadetti, ma dopo poche presenze, i ducali approfittano del mercato di riparazione per rispedirlo al mittente.

Poco male per gli amaranto, Meroi diventa infatti uno dei calciatori più importanti nello scacchiere aretino per diverse annate. La squadra si mantiene ai vertici del campionato arrivando seconda in ben due occasioni, fino al trionfale torneo 1965-66. Il testa a testa col Prato si risolve il 15 maggio del 1966 in quel di Carpi, dove gli aretini con le reti di Ferrari e Meroi battono i padroni di casa, approdando per la prima volta nella loro storia nel torneo di B.

L’annata successiva la compagine aretina chiuderà mestamente il torneo retrocedendo. È l’ultima stagione con l’Arezzo per l’attaccante friulano che chiude il campionato con diciotto presenze condite da tre reti. Il totale gol segnati con la squadra toscana è quota 64 reti, che ne fanno tutt’oggi uno dei marcatori più importanti di sempre nella storia amaranto.
C’è tempo per un cameo al Marzotto di Valdagno prima di chiudere col calcio giocato, e rimembrare quei treni passati senza esservi salito come in quel di Catania
Meroi ha fatto parte di una dinastia di cinque fratelli (quattro dei quali calciatori con lui compreso), di cui il quintogenito Roberto è un affermato giornalista e storico, autore di importanti opere sullo sport tra cui “Storia dell’Udinese Calcio” e “60 anni di basket a Udine” per citarne alcune. Insieme nel 2005 hanno pubblicato il volume umoristico dal titolo “Il fumo uccide…gli altri”.
Il 14 settembre dell’anno successivo, Innocente nella “sua” Arezzo è uscito di scena dal rettangolo verde della vita, lasciando il buon ricordo di sé ai tifosi amaranto.
L’immagine di copertina è una formazione del Catania 57-58, in cui Meroi è il primo in piedi da sinistra (foto di Alessandro Russo e colorizzata da Mimmo Rapisarda).