Quando il sottoscritto e l’amico Roberto Quartarone abbiamo pensato di cimentarci nella titanica impresa di raccontare le vicende del calcio femminile all’ombra dell’Etna dagli esordi fino ai nostri giorni, sentivamo come un moto istintivo dell’animo. Volevamo trovare qualche spunto che, in un certo qual modo, facesse da trait d’union con il calcio maschile ben più quotato e ricco di tradizione nella nostra città.
Sono quattro donne, più o meno conosciute, più o meno dimenticate, ad aver emulato le gesta dei loro padri ben più noti nella storia del calcio catanese. Vi raccontiamo – in due puntate – le loro storie proponendovi il capitolo estratto (seppur in forma riassuntiva) dal nostro volume “Il cielo è rosa sopra il Cibali”.
Brunella Sernagiotto
Correva l’anno 1932, quando da Cividale del Friuli si trasferisce nella cittadina etnea Mario Sernagiotto, portiere già forte di esperienze nelle serie superiori con Udinese e Fiorentina. Il guardiapali friulano contribuisce in maniera decisiva a due promozioni in B della squadra catanese. Smessi i panni di calciatore, Mario rimanere nella nostra città sposandosi e qui mettendo le proprie radici.
Nel 1965 intraprende la carriera sportiva la figlia Brunella, cimentandosi nel lancio del disco e del peso. Il vero amore di Brunella però è la pallavolo, sport nel quale coglie i maggiori successi raggiungendo anche la Nazionale maggiore.
Brunella per qualche tempo ha pure militato nelle file dell’Avanti Club, provando lo stesso sport che fece grande papà Mario. Il suo esordio avvenne durante la sfida tra Avanti Club e Robert nel giugno 1971 per l’esattezza, suscitando positive impressioni da parte degli addetti ai lavori.
Ma l’amore per la pallavolo prende definitivamente il sopravvento, così smesse le scarpe bullonate, Brunella ritorna al suo sport preferito, e papà Mario è stato il suo principale sostenitore:
«Mio padre non ho avuto il piacere di vederlo giocare anche perché quando si ritirò io non ero neanche nata. In merito alla carriera pallavolistica mi ha sempre sostenuto, la riteneva una cosa seria: mi aiutava negli allenamenti, soprattutto d’estate quando non ci si allenava con la squadra. Talvolta avevo impegni con la Nazionale e quando ero a casa lui mi faceva fare gli esercizi da portiere: saltavo con la corda… mi svegliava all’alba!».
Pina Arculeo
Chi più probabilmente si sarà emozionata nel provare i panni di calciatrice è stata Pina Arculeo. Il padre Giuseppe, per tutti “Pino”, militò nelle giovanili del Catania prebellico, per poi passare nel dopoguerra alla Unione Sportiva Catanese, in cui occupa il ruolo di mediano fino al 1946.
Le presenze in campo (quelle ufficialmente accertate) di Pino con la Catanese sono dodici; di quella squadra fanno parte tra gli altri Concetto La Rosa, Emilio Greco e Angelo Chiarenza che in seguito passeranno nel nuovo Catania. La carriera del povero Arculeo invece termina qui; la sorte crudele lo chiama a sé: una polmonite curata male lo strappa ai suoi cari un triste giorno di dicembre del 1946 a soli ventisei anni.
Di lì a poco nasce la figlioletta, cresciuta col mito del padre calciatore. Dopo una discreta carriera cestistica intrapresa negli anni Sessanta con squadre minori, negli anni Settanta decide di passare dalla pallacanestro al calcio.
«Nel ‘68 quando studiavo all’Isef abbiamo organizzato una partita per beneficenza da lì è cominciata la mia carriera calcistica. La mia squadra era la Real Etnea nella quale facevo un po’ di tutto sia a livello di ruolo in campo, fungendo da giocatrice e da allenatrice, sia come finanziatrice.»