Ore 8,20 del 9 di febbraio. Il solito tran tran quotidiano prevede in rigoroso ordine, l’accensione del mio smartphone prima di vestirmi per uscire da casa e recarmi al lavoro. Vengo sorpreso da un ferale messaggio che ricevo da un amico.
È così che nella notte tra l’8 e il 9 febbraio se n’è andata in punta di piedi, senza fare rumore, quasi a non voler disturbare i familiari, Graziella Codiglione vedova Massimino, ex presidentessa del Catania Calcio, donna di grandi principi morali e un elevato senso della famiglia.
Chi vi scrive, qualche anno addietro in occasione della presentazione al Castello Leucatia del volume principe sulla storia rossazzurra Tutto il Catania minuto per minuto, ebbe modo di saggiare la grandezza e l’umiltà della signora Grazia. Durante i vari interventi degli ospiti, ognuno non mancò di sottolineare un pregio o fare un plauso al marito, suscitando un inevitabile e piacevole sequenza di applausi.
«Io in fondo alla sala colgo la presenza della signora, capisco che è molto emozionata, se le va ci fa piacere ascoltarla». È Andrea Lodato, giornalista del maggior quotidiano locale, qui in veste di moderatore, a chiedere alla signora di portare il suo contributo, la quale però intenerita e commossa dalle manifestazioni d’affetto rivolte dagli astanti nei confronti del marito, pone un garbato diniego facendo segno con la mano di proseguire.
Al termine della conferenza, passando in rassegna tutti i conoscenti per stringere loro la mano, al fianco dell’amico Alessandro, mi fermai a salutare la di lui nonna, la quale mi strinse la mano sfoggiando un sorriso semplice. La signora Grazia, donna minuta e religiosissima, mai una parola di troppo, sempre al fianco di Angelo Massimino, ed appena un passo indietro a non volerne offuscare la luce o rubargli la scena.

Si erano sposati, entrambi giovanissimi, nel giugno del 1947, nel dopoguerra duro e difficile, che spinge Don Angelo e consorte con la figlioletta Santa a partire per la volta dell’Argentina in cerca di miglior fortuna.
Poi il ritorno in Italia e il boom economico: Massimino riuscì ad investire quanto guadagnato nel periodo in Sud America diventando in poco tempo uno degli imprenditori edili più rinomati dell’intera città.
Nel mezzo la “passionaccia” per il pallone, che lo consegnerà all’altare della gloria eterna, quando in quel tratto di strada tra Scillato e Tremonzelli perderà la vita un uomo che per il pallone ha dato tutto talvolta sacrificando pure la famiglia. Ed è in questo frangente che la donna sempre dietro le quinte, con attenzione e mai in disparte entra in scena.
Dal 1996 fino al 2000, Grazia Codiglione traghetta il Catania nelle paludose acque della Serie C2 con l’aiuto dei generi e dei nipoti che la coadiuvano in questo compito. Angelo Russo è una sorta di manager factotum, ricalca molto per la caparbietà in termini dirigenziali l’illustre nonno, del quale non manca mai di fare riferimenti nel bene e nel male. L’ingegnere Inzalaco e il dottor Conti, forti della lunga esperienza in seno alla società con varie cariche dirigenziali negli anni precedenti insieme al suocero, e Alessandro Russo, fratello di Angelo appunto, nel ruolo di medico sociale.
Così, con molti sacrifici, la squadra sarebbe stata finalmente riportata in quella C1, depauperata a suo tempo dal tiranno Matarrese.
«Era una nonna anche per noi giocatori, ci difendeva dalle critiche, per lei contava prima il lato umano e poi quello sportivo»
spiega così Roberto Ricca, terzino che a Catania ha vissuto solo due stagioni, ma intense da fargli portare un pezzetto di Sicilia in quel di Novara dove oggi risiede.
Gigi Chiavaro ebbe un unico cruccio nei confronti di Donna Grazia:
«Ebbi degli screzi col Presidente che non accettava le mie richieste per la stipula del nuovo contratto. Mentre lui bofonchiava, la signora mi tirò in disparte dicendomi “Gigi firma lascialo stare lo sai com’è fatto poi gli passa, la sistemiamo la cosa” , io però mi ero impuntato e andai ad Agrigento, anche se mi dispiacque molto dover dire no alla signora Graziella».
Mimmo Romano, che fu autista di Massimino e dirigente della squadra negli anni difficili della radiazione, ricorda:
«In occasione di uno dei tanti prelievi coattivi che venivano fatti sugli incassi al botteghino da parte dei creditori (siamo nel 1993, ndr), mentre il funzionario incaricato veniva distratto mi riempivano il giubbotto di banconote da salvare. Quando portai i soldi a casa Massimino, chiesi alla signora se volessero contarli in mia presenza e la risposta fu perentoria “Signor Mimmo, Lei è persona di fiducia”; ero trattato come uno di famiglia, insomma».
Ora che la signora Graziella ha raggiunto il suo Angelo, il Catania ha un’altra anima buona in cielo.