Stadio Massimino, 5 giugno 2016. È il giorno della partita delle Vecchie Glorie rossazzurre e sto all’ingresso di via Ferrante Aporti a supporto dello steward a controllare che i giocatori convocati a partecipare all’incontro facciano il loro arrivo. Li conosco tutti a menadito, Mascara e Pantanelli sono gli eroi della più recente promozione in Serie A, Gigi Chiavaro, Nino Leonardi, Pippetto Fichera trio di catanesi nonché miei conoscenti, e poi Dal Poggetto, Cantone, Pannitteri, Pellegrino, Gennaro Monaco e tanti altri che man mano arrivano.
L’unico che mi crea difficoltà pur essendo in lista è questo anziano signore con occhiali scuri accompagnato dal figlio. “Eh, Lei è troppo giovane per conoscermi” dice sorridendo e sollevando un po’ le lenti. Questo gesto degli occhiali alzati scatta nella mia mente come una istantanea, una vecchia figurina della raccolta Nuzzi 1964-65, l’unica della sua carriera. “E io invece so chi è Lei: Mario Samperi, Massiminiana, Catania, Paternò, Trinità… Marino, Manasseri, Sframeli, Turus, Bongiovanni, Liardo, Samperi, eccetera…”.
“Incredibile mi ha riconosciuto e si ricorda pure Liardo!” si rivolge al figlio. “Ora che l’hai riconosciuto lo hai fatto felice, di solito i tifosi più giovani non lo conoscono” mi spiega quest’ultimo. Durante la partita ho il piacere di parlargli, e gli dico di quella figurina Nuzzi che mi fu di molla per identificarlo e della quale sconosceva l’esistenza, pertanto gli invio la scansione all’indirizzo mail del figlio. Dopo pochi giorni mi telefona “Sergio segnati il mio numero, mi hai fatto un grande piacere”.
Mario Samperi era uno dei tanti ragazzi che aveva cominciato a giocare a calcio agli albori degli anni ’60. Al pallone alterna lo studio, frequentando l’istituto Archimede. È la Pollo d’Oro (squadra catanese molto nota in quegli anni nelle categorie minori che prende il nome dal famoso negozio omonimo sito in piazza Jolanda) la prima squadra dove Mario si mette in mostra, e a notarlo è un certo Cocò Nicolosi, vecchia gloria del calcio catanese che in quegli anni allena la Massiminiana. Così Samperi veste il giallorosso della squadra dei fratelli Massimino che hanno rilevato la Scat (la squadra del dopolavoro dei ferrotranvieri) con l’intento di farne la seconda compagine cittadina.
Coi giallorossi Samperi copre diversi ruoli: prima mezzala, poi mediano fino a quando viene finalmente schierato in cabina di regia, dove mostra il meglio di sé. I piedi vellutati e il tocco fatato, una classe sopraffina per la categoria, lo rendono uno dei protagonisti della squadra che approda in Serie D nella stagione 1963-64 dopo gli spareggi vinti contro Provinciale Messina e Alcamo.
”Speriamo che anche lui non resti una speranza bruciata verde”, sono queste le parole che gli dedica il giornalista de “La Sicilia” Mario Petrina, in un servizio per la neonata rubrica “I giovani e il calcio”. Il grande passo è breve. Al Catania, Giuffrida e Marcoccio decidono che un talento così non possono lasciarselo sfuggire ed eccolo quindi in rossazzurro per il torneo 1964-65. In questa stagione è perlopiù impiegato nel campionato De Martino (un torneo con squadre miste composte da ragazzi della Primavera e giocatori di prima squadra), e solo nel finale di campionato mister Di Bella decide di schierarlo in tre occasioni.

La prima è a Foggia, il 21 marzo 1965. È un esordio poco felice per il giovane Mario: finisce 1-0 per i padroni di casa.
La seconda arriva tempo dopo: “Con Samperi e Cordova il Catania a Firenze”, annuncia alla vigilia del match contro la squadra viola il maggior quotidiano catanese. Nel Catania pesano le assenze di Biagini e Calvanese, e in extremis Don Carmelo effettua una mossa sbagliata, ovvero il recupero di Magi ancora sofferente dei postumi di un infortunio al ginocchio che ancora lo affligge. Dopo 6′ di gioco Magi si procura uno stiramento alla coscia sinistra e finisce in pratica relegato all’ala come soleva usarsi a quei tempi. Praticamente in dieci e in formazione rabberciata la squadra finisce in balìa dei colpi di Hamrin e compagni che con cinque reti chiudono la pratica.
Il tris è a San Siro contro l’Inter in lotta col Milan, lanciatissima verso lo scudetto: Mario ha l’onere di marcare Mario Corso, altro artista di classe sopraffina, ma naufraga letteralmente, ciononostante rivelandosi molto utile durante la fase di appoggio e impostazione della squadra.

L’avventura nel calcio d’élite finisce, ma le soddisfazioni non mancano. Samperi fa rientro alla Massiminiana ed è uno dei pilastri che, insieme a Memo Prenna e un giovanissimo Pietro Anastasi, forma l’ossatura della squadra che vince il proprio girone di Serie D davanti al Paternò, approdando in Serie C.

Dopo 4 tornei memorabili tra i semipro, passa per un anno alla vicina Paternò in Serie D, e forse non è un caso se la squadra dei fratelli Massimino nel campionato 1969-70, priva del suo motorino di centrocampo, dice addio per sempre alla terza serie nazionale.
Il rientro alla Massiminiana per altre due stagioni, e due esperienze con Modica, Megara Augusta e Giarre. Quando la Massiminiana scompare dalla scena del calcio, decide di seguire la Trinità, squadra che ne rileva il prestigio sportivo e della quale diventa anche allenatore. Poi una stagione a Leonforte prima di chiudere a Ramacca (sempre in doppia veste di giocatore e allenatore) nella stagione 1979-80.

Recentemente lo avevo contattato per la stesura de Il cielo è rosa sopra il Cibali, in cerca di informazioni sul mister della Jolly Componibili di calcio femminile Saro Coci, suo compagno nella Massiminiana, e si mise a disposizione di buon grado. Mi mancheranno i suoi “Grazie sempre Sergio” quando gli inviavo delle sue vecchie foto su WhatsApp, e rispondevo “Prego alla prossima”.
Addio signor Mario, riposa in pace.
Nella foto di copertina: Chiavaro, Samperi e l’autore dell’articolo negli spogliatoi del “Massimino” il 5 giugno 2016.