Al momento stai visualizzando Andrea Romano, un papà rossazzurro

Se non fosse nato uomo, sarebbe nato bicicletta. Con questa frase penso di poter sintetizzare il vissuto di Andrea Romano, catanese, sportivo dimenticato forse da molti, ma non da tutti. Il 26 maggio del 1920, il “nostro” veniva al mondo per la gioia di papà Domenico e mamma Concetta, salvo essere rivelato solo pochi giorni dopo: infatti risultava sui documenti come data di nascita ufficiale quella del 30 maggio. Nei giorni precedenti in Polonia, a Cracovia, aveva avuto i suoi natali un altro bambino, quel Karol Wojtyła destinato a lasciare un grande segno nella storia dell’umanità, col quale peraltro ebbe modo di scambiarsi gli auguri di compleanno, molto in là con gli anni.

Andrea è innamorato dello sport e con esso cresce. Carismatico riesce a mettere tutti d’accordo con i suoi sorrisi ammiccanti e la sua simpatia.

Quando conobbi Andrea Romano, i venti di guerra si erano appena placati –  correva l’ormai lontano gennaio del 1997, quando tra le colonne de “La Sicilia” il giornalista Carmelo Gennaro ne tracciava il profilo che segue – e il personaggio colpì subito la mia fantasia. Lungo e dinoccolato, le tasche piene di appunti, mozziconi di matita, elastici, graffette, francobolli, insomma qualcosa come il deamicisiano Garoffi. Il tratto garbato e affabile, la straordinaria capacità di rendersi simpatico e di stringere amicizie, riuscendo ad ottenere tutto da autorità, maggiorenti, politici, ma senza avere in tasca una tessera di partito.”

Nel 1939 si distingue con merito in qualità di organizzatore di corse ciclistiche, nomina conferitagli in quell’occasione dal Cavaliere Francesco Grosso. A Vittoria andava in scena la Coppa 23 marzo della quale fu fervente promotore, e fino al 1940 è nominato ispettore dell’Uvi (Unione Velocipedistica Italiana, in seguito Fci). La guerra interrompe la sua passione e l’impegno per lo sport, poiché è costretto a partire al fronte nelle Alpi francesi prima, e poi in Grecia e Dalmazia dove evita per un pelo l’internamento in Russia.

Il ritorno a Catania lo vede timidamente riaffacciarsi alle sue  passioni. Spesso nel 1944 è presente in occasione di partite di calcio dell’Ibla di Paternò a fianco dell’allora presidente Rapisarda, mentre nel 1945 è a stretto contatto con Santi Passanisi Manganaro, anch’egli promotore di gare ciclistiche e col pallino per il calcio. Non di rado a quel tempo Andrea segue la Catanese, una delle due formazioni progenitrici dell’odierno sodalizio calcistico cittadino, e della quale Manganaro è presidente.

Catanese Virtus
La Catanese vittoriosa nel derby contro la Virtus

 

Quando il 24 settembre del 1946 un manipolo di dieci persone, nei locali della delegazione del Coni in via Costarelli numero 8, decidono di scrivere una storia che da 74 anni ci appassiona come bimbi, Romano è li presente. Gianni Naso in qualità di mediatore, è riuscito a convincere Angelo Vasta e Santi Manganaro, attuali presidenti delle due formazioni catanesi, Virtus e Catanese Elefante, a trovare un’intesa per una fusione che possa dare alla città un’unica squadra che rispolveri gli antichi splendori della vecchia Associazione Calcio Fascista Catania. Fu così che quei magnifici dieci fondarono il Catania Calcio. Commissario straordinario a presiedere la società è nominato Angelo Vasta, Andrea Romano ottiene invece la carica di segretario.

“Ricordo perfettamente le facce, le osservazioni, gli interventi assembleari, il grande sforzo comune di ricostruire una nuova società  – confidò così al giornalista Gaetano Sconzo, in occasione di un’intervista in merito alla fondazione della squadra rossazzurra Vasta era un grosso commerciante di legname, Mannino sarto, Sterlini portava ancora i pantaloni corti, Manganaro grossista di carta da imballo; poi aderirono Angelo Pessi della impresa UPB (Unici prezzi buoni), il commendatore Fazio che aveva forni di lusso, l’industriale romano Michisanti. Ma il principale finanziatore all’inizio fu lui, Santo, detto Santi, Manganaro, che per me era un secondo padre. Il commissario straordinario Vasta presto venne sostituito appunto con il presidente Manganaro. Io rimasi nella società per 5 anni”.

Il primo compito di una certa responsabilità che gli viene affidato è quello di andare a prelevare il nuovo portiere, Cesare Goffi, che è in quarantena in una località ligure. Detto fatto Andrea lo porta a Catania. Sotto l’Etna Goffi lascia un buon segno della sua permanenza, segnalandosi come uno dei più forti portieri della storia rossazzurra dagli anni Trenta fino ad allora.

Romano Goffi
Romano con il portiere Goffi

 

Il 4 maggio del 1949 la sciagura aerea di Superga getta l’intera Italia nello sconforto e nel pianto. Tra le vittime del tristemente noto trimotore Fiat G212, c’è anche Mario Rigamonti, fratello dell’ex rossazzurro Dante, grande amico di Andrea che per anni conserverà una sua vecchia foto con dedica, in ricordo della loro sincera amicizia.

“Ero stabilmente il segretario del Club Calcio, finché il compianto giornalista Giulio Sterlini, non mi tirò lo sgambetto scalzandomi dalla carica.”

Raccontava così il buon Andrea, e già da allora si intravedevano ombre nei confronti di Sterlini, colui che poi sarebbe balzato agli onori delle cronache cittadine in occasione del Caso Scaramella che costò alla squadra la retrocessione in B nel 1955.

Intanto la vita reclama e Andrea risponde presente. Il 29 dicembre del 1951 nella chiesa del Santissimo Crocifisso in quel di Palermo, impalma la signorina Pina Spucches. Dal matrimonio l’anno successivo nasce il primogenito Mimmo, e qualche anno più tardi Pinuccio.

Nel 1955 un curioso caso di omonimia lo induce a scrivere una lettera al direttore del giornale La Sicilia: la missiva indica la presa di distanze con un tale Andrea Romano, che deve essere giudicato in appello per omicidio preterintenzionale. Il vero capolavoro, però, lo compie quando fa credere ad amici e parenti di essere lui il famoso Romano che segnò sei delle nove reti nella sfida tra Catania e Passamonte Messina del 1942/43; una burla degna del Conte Mascetti di Amici miei: destinatario principale il figlio Mimmo che ha la passione per le carriere dei calciatori, che scrive di suo pugno con presenze e reti su quadernoni che custodisce gelosamente… finché un bel giorno il papà burlone gli fa capire che stava scherzando. In realtà quel calciatore era Marco Romano, di cui non era neanche parente.

  • Andrea Romano Catania
    Il giovane Romano negli anni '30

Negli anni ’60 riprende la sua attività di dirigente nel ciclismo con diversi incarichi, mentre nel 1970 viene eletto Presidente provinciale della Federciclismo, incarico che manterrà fino al 1997 quando decide di non ricandidarsi. Negli ambienti sportivi Andrea è benvoluto da tutti, addetti ai lavori, colleghi ed atleti: oltre alla già citata amicizia col granata Rigamonti, sono intimi della famiglia Romano anche il calciatore argentino del Catania, Desiderio Oscar Mario (il quale, invitato il 29 giugno del 1962 alla comunione e cresima del figlio Mimmo, durante il ricevimento in un locale di via Plebiscito si esibì in una serie di palleggi, estasiando parenti ed amici del festeggiato) e il ciclista Francesco Moser. Allo sport ha dato tanto, e sopratutto si è prodigato in ogni modo per l’espansione del ciclismo in Sicilia:

“Mio padre viveva per il ciclismo…non c’era una domenica che non andasse in giro per la Sicilia a seguire corse o eventi a tal proposito”, spiega così Mimmo, quando gli si chiede il connubio tra il papà e la bici.

Andrea Romano Catania Moser
Andrea Romano con il campione di ciclismo Moser ed il politico Giovanni Cristaudo

 

Un padre peraltro con una gran forza di volontà che a volte la vita ha preso a schiaffi. Intorno al 1974 a soli diciassette anni muore il secondogenito Pinuccio, affetto da una grave malattia (al quale viene conferito il diploma alla memoria presso l’istituto alberghiero di Palermo), e in onore al quale in quegli anni decide di istituire il Trofeo Pinuccio Romano, gara di ciclismo fra corridori catanesi, mentre la dipartita della moglie a metà anni 90 ne mina il fisico, tanto da indurlo a lasciare anzitempo la carica di presidente della Fci come già accennato.

Nel 1999 invece, il prefetto di Catania Blunda lo insignisce dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica e di Commendatore di San Giorgio di Antiochia per meriti sportivi, il giusto riconoscimento per un uomo mite e sincero, doti rare giustamente premiate.

Quando Gaucci rileva il Catania dalla famiglia Massimino non manca di scrivere una bella lettera al nuovo patron della compagine etnea, ricordandogli cosa rappresenti quella squadra per lui che l’ha vista nascere e per tutta la città che da sempre è innamorata degli eroi della domenica vestiti di rossazzurro. È così che Paolo Di Caro, assessore allo sport in quegli anni, lo invita negli uffici del Comune per consegnargli una targa in merito all’essere stato tra i soci fondatori del Club cittadino.

Romano e Biunda
Un’intervista a Romano su “La Gazzetta dello Sport” e, in foto, la stretta di mano con il prefetto Blunda

 

Andrea Romano se n’è andato per sempre l’11 aprile del 2002, circondato dall’affetto del figlio Mimmo con la nuora Domenica e le nipotine Claudia e Giuliana.

Un grande papà nasceva cento anni fa, uno dei dieci padri del Catania Calcio. Un uomo che merita di essere ricordato tra i promotori di quel sogno che da 74 anni fa palpitare gli sportivi etnei di gioia, che ha creato un senso di appartenenza e d’identità, ma anche tradizione; valori che oggi a causa dello scempio di quest’ultimo lustro rischiano di sparire per sempre.

 

 

Nato in una domenica da trasferta quando Luvanor riuscì a segnare in quel di Pisa, è un collezionista di materiale calcistico in particolar modo rossazzurro. Gregario di “Quelli del '46”, ama raccontare aneddoti curiosi che riguardano la storia del Catania.