1 Ottobre 1978. Giove Pluvio ha deciso di scatenare la sua ira, in questa domenica d’autunno con scrosci d’acqua impietosi che si abbattono sulla cittadina etnea.
Il Catania di Massimino che ha fallito al fotofinish il traguardo della promozione in Serie B, ha affidato la squadra alle cure di Adelmo Capelli, che da buon soldato si mette sull’attenti e parte per la nuova marcia. Le radioline però non portano buone nuove ai tifosi rossazzurri, che dal cantuccio del proprio divano, con la schedina in mano, non possono far altro che corrucciarsi in viso per lo scialbo 0-0 in quel di Latina.
Se dalla seconda città del Lazio per numero di abitanti si procede verso la capitale, troviamo di scena l’Italia della pallavolo maschile affrontare i giganti dell’Urss. Gli Azzurri sono forti del blocco proveniente dalla Paoletti Catania, che pochi mesi or sono ha conquistato il titolo tricolore al PalaSpedini; mai nessuno prima nel capoluogo etneo era riuscito a trionfare in uno sport di squadra. Nello Greco, noto come “la pulce dell’Etna”, pallavolista di elevata caratura tecnica nonché figlio del calciatore Emilio, altrettanto meritevole sportivo (centrocampista nel rifondato Catania e prima ancora nel Messina), ha trascinato i suoi compagni fino a questa prestigiosa finale, che vede però trionfare la squadra sovietica, storicamente protagonista incontrastata in questo sport, e la nazionale italiana fregiarsi comunque della meritata medaglia d’argento.
Sembrerebbe scivolare via così una domenica come tante, ma ritornando dalle nostre parti, sta per accadere qualcosa di unico in piazza Spedini, stavolta nell’adiacente stadio Cibali. Undici ragazze che giocano al calcio vestite di rossazzurro stanno portando a compimento l’epilogo di una stagione trionfale che mai avrebbero immaginato pochi mesi prima. Da neopromosse hanno sbaragliato la concorrenza degli squadroni del Nord. Tra le pozzanghere miste di acqua e fango, volteggiano come novelle Fred Astaire, battendo la compagine umbra del Valigi Perugia per 2-0. Al triplice fischio si materializza il sogno: Catania è campionessa d’Italia nel calcio femminile.
La Jolly Componibili con due giornate d’anticipo ha realizzato una storica impresa vincendo il tricolore. Angelo Cutispoti è l’artefice principale di questa vittoria. Poco poco negli anni ha costruito una squadra vincente, in cui l’innesto di Rose Reilly, attaccante scozzese con la bordata alla Gigi Riva e il colpo di testa alla Bettega, sublima il perfezionamento di una rosa che diventa praticamente imbattibile. Attorno a lei figurano Liliana Mammina, partner d’attacco dalla classe sopraffina, Rita Pedrali, rocciosa difensore che fa coppia con l’altrettanto brava Carmen Summa, Maria Caruso, catanesina, difensore di mestiere, Rosa Belviso e Adriana Musumeci, mastine di centrocampo, Maria Carrubba detta “Speedy Gonzalez” centrocampista dal gol facile, Teresa “Calimero” Lonero ottima centrocampista di rifinitura, e Pina Loritto, portiere specialista nel parare i calci di rigore. Don Angelo ha cavalcato questo sogno, ci ha creduto più di tutti lottando contro il palazzo stoicamente con lo spirito donchisciottiano che lo ha contraddistinto.
La parabola della Jolly Componibili si interrompe bruscamente nella stagione successiva, quando stanco di una federazione non proprio super partes, al termine di un campionato contrassegnato più dalle situazioni extra sportive che dai risultati del campo, Cutispoti decide di chiudere i battenti cedendo il blocco principale all’Alaska Lecce. Vicende che in parte ricalcano parallelamente quelle del Vicenza calcio maschile, che negli stessi anni da neopromosso riesce a contendere lo scudetto alla Juventus arrivando secondo, per poi esaurire la bella favola la stagione successiva con l’inopinata retrocessione. Paolo Rossi era la star e calciatore simbolo di quella compagine, proprio come la bella Rose.
Lo scudetto del calcio femminile catanese rimarrà negli annali, dopo i grandi travagli delle squadre che ne hanno preceduto l’avvento. Abbiamo ben narrato queste storie insieme all’amico Roberto, ripercorrendo tutte le tappe della “pedata etnea in rosa”, attraverso interviste alle protagoniste, articoli di giornale, tabellini, classifiche e molto altro materiale d’archivio. Ne è venuto fuori un volume enciclopedico con una mole di dati, figlia di tanto sudore, delle ore trascorse in biblioteca a rileggere vecchi giornali, e le notti insonni a scrivere, correggere ed espletare molto altro lavoro. Il cielo è rosa sopra il Cibali è uno spaccato di vita sportiva, che eleva finalmente la figura della donna in questo sport al ruolo di protagonista e non di mera spettatrice. Con l’augurio di aver solcato i cuori di chi avrà il piacere di sfogliarlo.