La vita di questi giorni in tutto il mondo scorre in maniera surreale, degna dei migliori film di Stanley Kubrick. La paura di vivere ogni giorno un incubo a causa del flagello mondiale, quel Covid-19 che sta cambiando le nostre vite in maniera radicale. Lungi da chi scrive fare politica, demagogia o alcun tipo di chiacchiera se così vogliamo definirla, in merito alla questione.
La premessa è soltanto dovuta per inquadrare il contesto storico che ispira questo racconto, non lontano dai contorni e dalle sfumature che stanno caratterizzando la situazione odierna.
24 agosto 1973. A Torre del Greco si registrano due casi di “gastroenterite acuta”. Nei giorni successivi, all’ospedale Cotugno di Napoli si presentano altri pazienti, tutti con gli stessi sintomi: diarrea, vomito, crampi. La malattia, dunque, è contagiosa, ma a diffondersi ancora più velocemente è la paura. L’epidemia si estende rapidamente: Napoli sembra tornata indietro di 30 anni. Circa mille persone in quei giorni vengono ricoverate su tutto il territorio nazionale. Il colera (come poi sarà accertato) si estende in varie parti d’Italia appunto, con Napoli e Bari in ambasce.
Nella città partenopea i militari americani somministrano vaccini alla popolazione per scongiurare l’estendersi dell’epidemia. Vengono sequestrate diverse quantità di cozze e pesce, poiché si pensa siano state proprio alcune derrate avariate la principale causa scatenante del virus, e i limoni, che possono contrastare gli effetti del colera, raggiungono prezzi da capogiro (sulla falsariga dell’odierna Amuchina). Alla fine saranno 24 vittime totali in tutta Italia, di cui 15 nella sola città partenopea (cifre irrisorie rispetto ai terribili numeri odierni, ma comunque in quel 1973 si vivono giorni di grande panico).
Il 31 agosto scoppia la grana sportiva. In questo scenario, alcune squadre preferiscono non scendere a Napoli per la disputa delle gare di Coppa Italia. Il Bologna fa sapere in Lega di non voler affrontare la formazione partenopea, ma i vertici del calcio rifiutano la richiesta per evitare il panico nella popolazione. Intanto, però, il sindaco di Bari dispone la sospensione nel capoluogo pugliese dell’incontro con il Palermo, e così la Lega deve accodarsi alla politica, sospendendo l’incontro fra campani e felsinei.
L’apice della situazione si raggiunge il 16 settembre con la Regione Liguria che intima al Napoli di non recarsi a Genova per la partita di Coppa contro i rossoblu. A questo punto Carraro, deus ex machina della Federcalcio, impone la disputa dell’incontro, ma a campo invertito. Il presidente genoano Berrino acconsente, con il benestare di quello napoletano Ferlaino. Le notizie sui giornali e la tv, nonostante i numeri di diffusione del virus siano contenuti, inducono però i giocatori del Genoa a rinunciare alla trasferta (con relativa penalizzazione e sconfitta a tavolino) per salvaguardare la propria salute, sostenuti dall’Associazione calciatori di Sergio Campana, ma con tutto il resto delle parti (tifosi, media e vari dirigenti) contro.
Napoli senza calcio, senza svago, nessuno vuol venirci. Quando il prefetto della città Domenico Amari, chiede aiuto alla squadra catanese per organizzare una partita amichevole, la compagine rossazzurra risponde presente. È il 19 settembre, giorno di San Gennaro, patrono del capoluogo partenopeo, quando nella cornice festosa dei circa quindicimila presenti al campo di Fuorigrotta capitan Fogli e compagni vengono accolti nel tripudio di applausi e manifestazioni di giubilo. Catania non ha sentito la puzza di colera come Genova. L’incontro serve come collaudo ai rossazzurri in vista del match di Coppa con la Sampdoria.
I rossazzurri sugli scudi, di fronte al più quotato avversario, giocano senza alcun timore reverenziale. Il Catania del neo tecnico Mazzetti prova un gioco molto attento sopratutto in tattica difensiva; Simonini deve contenere Braglia, Guido Biondi è su Juliano e Ceccarini a guardia di Clerici: con queste marcature il gioco del Napoli è oscurato. In avanti, Spagnolo e lo stesso Biondi sciorinano ottime trame di gioco per il centravanti Picat Re (subentrato a gara in corso a Piccinetti), che però spreca le varie occasioni timbrando pure una traversa. Termina 0-0, con la compagine etnea che sfiora una vittoria tutto sommato meritata.

Al di là del gioco e del risultato, ciò che rimarrà negli annali di questo incontro ribattezzato “partita del colera”, sono la solidarietà e l’amicizia dei catanesi pronti a tendere la mano ai fratelli partenopei. Emblematiche a riguardo le parole di Mario Petrina, decano dei giornalisti siciliani dell’epoca, sul quotidiano La Sicilia:
“La lezione che il Catania ha dato è anche questa. Senza eroismi s’è detto, ma con dignità. Un pomeriggio meno triste, per gente assetata di tutto”.
19 SETTEMBRE 1973. NAPOLI-CATANIA 0-0
Napoli: Carmignani, Bruscolotti, Pogliana, Zurlini, Vavassori, Orlandini, Albano, Juliano, Clerici, Mascheroni (Troja), Braglia (Fotia).
Catania: Petrovic (Muraro), Simonini (Guasti), Ghedin, Fatta, Ceccarini, Lodrini, Spagnolo, Fogli, Piccinetti (Picat Re), Biondi, Colombo (Tortora).
Arbitro: Bonocore (Castellammare di Stabia)
Note: Ammonito Clerici. Spettatori oltre 15mila, incasso di circa 15 milioni di lire.
Ai fini della realizzazione di questo articolo, è stata utile la consultazione delle seguenti fonti:
https://formiche.net/gallerie/napoli-colera-pizzi/
https://www.guerinsportivo.it/news/calcio/2020/03/14-2837881/il_calcio_italiano_ai_tempi_del_colera/