Rosso lava dell’Etna, azzurro cielo. Sono questi i due colori sociali del Catania sin dalla sua prima fondazione, nel 1929. Eppure ci furono occasioni in cui gli etnei giocarono con una curiosa maglia verde o biancoverde, in onore alla propria santa patrona.
È quanto ha scoperto recentemente l’amico Filippo Solarino che, insieme agli inseparabili Antonio Buemi, Roberto Quartarone ed Alessandro Russo (autori di Tutto il Catania minuto per minuto, l’enciclopedia del football in terra etnea) sta lavorando ad un nuovo volume. Si chiamerà Il rosso, l’azzurro e parlerà proprio della maglia del Catania.
“Un impegno storiografico che va avanti da mesi e che, finalmente, è prossimo alla pubblicazione” mi racconta Filippo via telefono. “Abbiamo lavorato molto per ricostruire tutte le maglie della storia rossazzurra, dal 1929 ad oggi, tracciando così un percorso che abbraccia tradizione, moda, cultura, tendenze, ma anche necessità commerciali”.
“Quella del Catania è una maglia con un fortissimo radicamento nelle caratteristiche del territorio, nonché gradazioni cromatiche che in Italia hanno pochissimi eguali nel calcio professionistico”.
In effetti, viene sempre un colpo al cuore quando il giornalista o il telecronista di turno ci nomina “rossoblu”. È una mancanza di sensibilità dialettica, che trasuda superficialità e poca attenzione verso la storia del club.
In pochi, tuttavia, sanno che il Catania in alcune occasioni ha vestito una casacca inconsueta: biancoverde. È una storia che si perde nel tempo e che Filippo e co. stanno cercando di ricostruire, partendo dai simboli della città.
Nel gonfalone comunale i colori storici di Catania erano il verde, il rosso-amaranto e l’azzurro. Il rosso era simbolo regio e, prima ancora, collegato alla dinastia aragonese; l’azzurro era il colore del cinquecentesco vessillo civico.
E il verde? Le fonti storiche non risolvono la questione in modo definitivo: c’è chi lo fa riferire a valori libertari, quindi legati alle rivolte contro i Borbone. Un’altra fonte, invece, lo associa al verde di Sant’Agata, simbolo di verginità, a cui è collegato anche il saio femminile (che col tempo è stato impropriamente trasformato in un “sacco” verde e che adesso si sta perdendo totalmente, in favore del sacco bianco maschile).
“Come sai, la prima società sportiva della città, la Pro Patria, vestiva i colori rossoverdi”. Parla dei famosi Matti di piazza d’Armi, i ragazzi capeggiati da Gaetano Ventimiglia che, nello spiazzo alla fine di viale Regina Margherita, facevano rotolare i primi palloni in città. Dei matti, appunto, perché quel gioco anglosassone era ben lontano dall’attecchire come sport nazionale. Ma c’era già qualcuno che ci provava, portando i colori comunali sul petto. Nel 1910 la sezione calcistica della Pro Patria si rese indipendente, assumendo il nome di US Catanese con colori biancoverdi. Pochi anni dopo sorse un’altra squadra, la Juventus Catania FC, anch’essa biancoverde (poi diventata grigioverde). Questa moda, però, scomparve con l’avvento del “vero” Catania.

“Nel 1929, anno della fondazione della Società Sportiva Catania, vivevamo un periodo storico particolare. Il 10 maggio 1928, infatti, era stata decisa la modifica dei colori comunali, eliminando il verde. Ci sono due correnti di pensiero sulle ragioni di tale scelta: la prima è che il regime fascista volesse imporre la propria presunta laicità, togliendo i simboli religiosi (il verde e la figura di Sant’Agata armata, che venne sostituita con la sola lettera A). La seconda, forse più veritiera, è che si volesse togliere il riferimento a simbologie libertarie e giacobine”.
Curiosamente, però, malgrado il Catania avesse scelto il rosso e l’azzurro (a cui sono stati associati l’Etna e il cielo), il colore verde non era sparito del tutto: “Eravamo a conoscenza del fatto che lo spareggio-retrocessione del 1937 a Roma contro il Venezia fosse stato disputato con una maglia verde, ma non sapevamo il perché. Negli ultimi tempi, alla biblioteca Ursino-Recupero sono tornati disponibili alcuni volumi del periodo ’31/39 che finalmente ci stanno aiutando a coprire alcuni vuoti sull’argomento”. E cosa è emerso? “Già nel 1932 il Catania aveva una seconda maglia a strisce biancoverdi. Tale usanza appare molto comune in quegli anni, spuntando ogni tanto nelle cronache sportive dell’epoca. Tuttavia, dopo lo sfortunato spareggio del 1937, è stata accantonata”.

A cosa dovrebbe essere accostato l’utilizzo di quel colore? Potrebbe essere un monito libertario anti-fascista? Filippo tende ad escluderlo: “Su Il Popolo di Sicilia, uno dei giornali dell’epoca, si legge che era un preciso omaggio alla patrona Sant’Agata”. Ma c’è un filo conduttore con le società progenitrici del Catania? “Difficile dirlo. Ricordiamo che l’SS Catania fu fondata in rottura con il passato, quindi appare improbabile possa essere stata una rievocazione di quelle squadre. Però stiamo approfondendo la questione e chissà che non salti fuori qualche nuovo curioso aneddoto”.
Con lo sbarco degli Alleati in Sicilia, venne ripristinato il vecchio gonfalone (andato poi a fuoco nell’incendio di Palazzo degli Elefanti del 1944 e rifatto). Però del verde sulle maglie da gioco si persero le tracce… “Già, non è stato più riproposto. È un peccato, perché invece delle anonime maglie giallo evidenziatore o camouflage, una maglia con questa connotazione identitaria sarebbe bello riproporla.”
Magari come divisa celebrativa, da indossare nella trasferta a ridosso delle festività agatine.