Al momento stai visualizzando Addio a “Todo” Calvanese

Oggi la bandiera rossazzurra è issata a mezz’asta per la dipartita di un grande protagonista nella storia della nostra squadra.
Probabilmente Salvatore Calvanese, al secolo “Todo”, non avrebbe mai immaginato in quella lontana estate del 1960 che, venendo a giocare nella nostra città, avrebbe trovato amici, passione e trascorso gli anni migliori della propria carriera calcistica.

Appena un anno prima era approdato al Genoa, ma la squadra, fra cambi di allenatore e illeciti sportivi, uscì dal torneo di serie A con le ossa rotte, e mestamente retrocede tra i cadetti.
Il Todo con 15 presenze senza reti fu un fardello nell’attacco del grifone: “gaucho tornatene alle pampas!” tuonavano gli inviperiti tifosi genoani.
Il presidente Gadolla tirò un sospiro di sollievo quando timidamente il dottor Michele Giuffrida, consigliere factotum del Catania, chiese il giocatore per portarlo alle falde dell’Etna.

Sotto il sole del Vulcano e le cure del mister Di Bella, rinacque un fior di giocatore; Todo era tecnicamente valido, sapeva giocare il pallone ed entrò in sintonia con il compagno di reparto Morelli.
In coppia segnarono entrambi 9 reti, supportati dall’abile regia di Memo Prenna (cannoniere a quota 11). La squadra veleggiava fino alla 18a giornata, al secondo posto in classifica dietro l’Inter, in condominio con Juventus e Roma, prima del calo psicologico del girone di ritorno.
L’anno successivo Todo realizzò 4 reti, il Catania centrò nuovamente la salvezza davanti alla Juve, quest’ultima incappata in una delle stagioni più buie della sua storia.
E proprio coi bianconeri, nell’estate del 1962, Todo ebbe l’onore di farsi ammirare in Coppa delle Alpi giocando in prestito, per fare subito rientro alla base.

La stagione 1962-63 partì con il botto: 3 presenze e 3 reti una media stratosferica, i catanesi potevano sognare ma… eravamo ai saluti. Il dottor Giuffrida cedette alle richieste dei dirigenti orobici che lo portarono a Bergamo. In campionato Todo non continuò sulla scia iniziale riuscendo solo a segnare altre 4 marcature, in compenso mise a segno un gol nella splendida cavalcata che portò l’Atalanta dei vari Pizzaballa, Da Costa e Domenghini, a conquistare la Coppa Italia.

Il 1963-64 fu una stagione senza infamia né lode per Todo che mise a segno 4 reti in 25 presenze.
Singolare l’episodio che lo vide sfortunato protagonista in Coppa delle Coppe, allorché nel match di ritorno contro lo Sporting Lisbona, complice l’infortunio al portiere Pizzaballa e l’impossibilità all’epoca di effettuare sostituzioni, fu costretto a subentrare tra i pali; la Dea quella volta perse 3-1.

Per il torneo 1964-65, Todo ritornò a Catania, la terra che lo ha maturato come calciatore, che ha creduto nelle sue doti e nei suoi numeri. Nell’attacco atomico con Danova e Facchin (e all’occorrenza pure Rozzoni) riuscì a dire la sua siglando ben 7 reti.
Il campionato successivo vide la squadra depotenziata, e così ne risentirono anche le prestazioni del Todo: solo una rete in 17 incontri disputati.

Seguì la squadra che ormai gli era entrata nel cuore anche fra i cadetti, disputando l’ultimo torneo da calciatore. 16 presenze e 3 reti per dire grazie di tutto.

Ma il legame era ormai inscindibile. Per Todo, che in città aveva messo radici, viveva con la famiglia e aveva pure aperto un negozio di articoli sportivi in Corso Italia, c’era la possibilità di allenare i giovani.
Da quella fucina vennero sfornati piccoli campioni come Pippetto Fichera, Riccardo Caruso e sopratutto Renato Zaccarelli e Guido Biondi.

Calvanese figurine


All’indomani della sfortunata retrocessione dalla A del 1971, il presidente Massimino pensò a lui per la carica di allenatore. Scoppiò una rivolta in Federazione perché Todo non era in possesso del patentino di categoria pertanto doveva essergli affiancato un tecnico abilitato per poter andare in panchina, scelta che cadde su Valsecchi. Dopo poche giornate senza risultati, Massimino tagliò la testa al toro e si liberò del problema. Via Calvanese dentro Di Bella, non senza polemiche da parte dell’argentino: «È chiaro che se avessi saputo di non andare in panchina, non mi sarei neanche sognato di guidare il Catania, una squadra cui voglio sinceramente bene. Tutti i giocatori hanno bisogno del loro allenatore, lo so benissimo. Aggiungo onestamente che un vero tecnico deve seguire i suoi atleti per tutta la settimana, deve andare in panchina perché può esserci bisogno di correggere, aiutare, incitare, sostenere. Credete che non mi renda conto dei problemi del Catania?»

Il cerchio con Catania stavolta si chiuse. Todo si spostò nella vicina Siracusa per due stagioni senza sussulti. Era l’ora di fare le valige e rientrare a casa a Buenos Aires.
Il ritorno a Catania agli inizi degli anni ‘90 per una partita di vecchie glorie lo vide ancora osannato dal pubblico rossazzurro nonostante i molti anni di assenza.
“Bentornato a casa Todo!” gli dissero i compagni Memo Prenna e Giorgio Michelotti, due che hanno scelto Catania per trascorrervi il resto dei propri giorni.

Oggi questa casa è triste.
In un’altra terra lontana, il figlio acquisito se n’è andato per sempre in punta di piedi.
Arrivederci, Todo!

 

 

Nato in una domenica da trasferta quando Luvanor riuscì a segnare in quel di Pisa, è un collezionista di materiale calcistico in particolar modo rossazzurro. Gregario di “Quelli del '46”, ama raccontare aneddoti curiosi che riguardano la storia del Catania.